In tempi remoti, quando nell’isola la mortalità infantile era assai elevata a causa di febbri malariche e malnutrizione, per dare un senso a morti che altrimenti parevano inspiegabili la fantasia popolare elaborò una figura leggendaria, un’anima maledetta che durante la notte si aggirava per il villaggio in cerca di vittime cui succhiare il sangue. La sùrbile (o coga o stria, a seconda della località) era una donna il cui spirito al calare delle tenebre abbandonava il corpo per tramutarsi in un insetto, generalmente una mosca, e poter così penetrare facilmente all’interno delle case, in cerca di bimbi non ancora battezzati. Si posava sibilando sulla fontanella del neonato e da là attingeva il proprio nutrimento. Poiché pareva preferire bambini cui ancora non fossero spuntati i denti, le madri erano solite porre accanto alla culla una falce dentata : si credeva, infatti, che la sùrbile amasse contare, ma non fosse in grado di andare oltre il numero sette. Si attardava pertanto a contare e ricontare i denti della falce, arrivando fino al sette e ricominciando ogni volta da capo, fino all’alba, quand’era costretta a rientrare nel proprio corpo.
Durante il giorno la donna non conservava poi alcun ricordo dell’accaduto.
In altre zone la sùrbile è uno spirito errante nell’oscurità che si impossessa del corpo di uomini e donne malvagi, facendo prendere loro le sembianze di un gatto nero. Questi scende attraverso il camino e dopo avere succhiato il sangue lo depone nella cenere calda del focolare per farlo rassodare, trasformandolo in un cibo prelibato di cui si nutrirà successivamente (un dolce a base di sangue è caratteristico, tra l’altro, della tradizione culinaria isolana). In ogni caso, prima della sua metamorfosi la sùrbile unge le giunture del proprio corpo con un olio particolare e pronuncia una formula magica:
A pili esse, a pili in fache
in domo che comare mi che agatte
Cioè, con i capelli in senso contrario, con i capelli in faccia, che io mi ritrovi in casa della mia comare. Il sovvertimento dell’ordine naturale come chiave della trasformazione.
Diversi i modi per scongiurare la visita dello spirito maligno. Innanzi tutto tappare con della cera vergine il buco della serratura, quindi sistemare un rametto di issopo sullo stipite della porta d’ingresso. Anche un treppiede rovesciato, posto sotto il letto, aveva il potere difendere il bimbo non ancora battezzato.
All’origine di queste leggende vi sono sicuramente antichi richiami all’animismo neolitico, intrecciati successivamente con credenze fenicio-puniche e romane. Il nome stesso stria, caratteristico della Sardegna settentrionale, infatti, appare come una volgarizzazione del latino striga, a sua volta derivato dal greco stryx.
Il termine sùrbile, invece, sembrerebbe avere una valenza onomatopeica, alludendo al ronzio prodotto dalle ali della mosca in volo.
Resta da chiedersi infine come mai, nell’isola, la figura del vampiro sia quasi esclusivamente femminile. Probabilmente la sùrbile, come creatura notturna, è legata in qualche modo ai culti della luna, dominati da divinità femminili, Diana ed Ecate, ed associati a riti misterici che spesso esigevano sacrifici cruenti.
....tratto dal sito Vampiri.net....
martedì 3 maggio 2011
...La Surbile....il Vampiro Sardo
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento